Non è certo questo il film che risolleverà
il cinema italiano dalla propria crisi nerissima, ma è un film che
riesce a intrattenere e a tratti anche a divertire. Merito soprattutto
del mestiere degli attori protagonisti, Salemme su tutti.
Peggiori auspici per un film proprio non potevano esserci. La polemica sulla locandina (per quanto a creare il pastrocchio sia chi l'ha distribuito, non chi ci ha lavorato sopra), il fatto che si tratti dell'ennesimo remake (a questo giro si ricicla dalla Spagna dalla pellicola Es por tu bien), una scena introduttiva parecchio infelice e un film che per i primi 10 minuti sembra il prologo del disastro (vedi la scena dei "vaffa").
Eppure, nonostante tanti difetti, la noia non arriva sostanzialmente mai durante la visione di E' per il tuo bene, che solo nella parte finale lascia un sapore non convincente per come viene rincorso il solito facile "happy ending".
Anche se (come il sottoscritto) approcci la visione con parecchi pregiudizi, sostanzialmente il film non crea mai quel "punto di rottura" che porta alla frustrazione, anzi il film si mantiene vivace grazie alla regia di Ravello e le situazioni alla lunga diventano simpatiche, portano al sorriso se non proprio alla risate. Certo, la storia è quella che è, ma i tentativi strampalati dei tre protagonisti portano a una fase centrale del film parecchio piacevole.
Buon merito va dato agli attori, pur in dei ruoli non esattamente congeniali. Sia Battiston che Giallini infatti sembrano metterci un po' a entrare realmente in personaggi che non sfruttano benissimo le proprie doti attoriali, ma entrambi hanno la bravura per cavarsela più che discretamente con mestiere: se Giallini deve un po' contenersi ma comunque riesce a mantenere costante la propria prestazione, Battiston dopo un inizio stonato (anche per una sceneggiatura che gli mette in bocca delle frasi non esaltanti) si accende e finisce per creare probabilmente il momento più gustoso della pellicola nella scena del furto, quando per creare i presupposti dello scasso finisce per diventare eccessivamente distruttivo.
Su tutti però a spiccare e ad alzare il livello del film è Vincenzo Salemme, che da troppi anni sembrava essersi perduto e spento. I fasti delle prime commedie "teatrali" restano lontani, anche perché qui non c'è quel feeling innato che il napoletano aveva coi Casagrande e Buccirosso di turno, ma nell'ormai solito ruolo di padre apprensivo si rivede un Salemme convincente e divertente come non lo si vedeva da tanto tempo: a un certo punto del film il napoletano riesce a strappare il sorriso ogni volta che apre bocca e sono abbastanza azzeccati i suoi pregiudizi con il trapper fidanzato della figlia ("le tue canzoni parlano di canne" "mica vuol dire che me le faccio davvero, mica Gianni Morandi andava davvero a prendere il latte" "sì ma nei testi si parla sempre di sparare" "perché Gianni Morandi sparava davvero ai vietcong?").
Non c'è nulla di trascendentale, non è certo questo il film che risolleverà il cinema italiano dalla propria crisi nerissima, ma il film riesce a intrattenere ed è già qualcosa.
Tutto ciò nei difetti evidenti, in particolare per quanto riguarda il solito ruolo di puro contorno assegnato in questo genere di film alle donne: verrebbe da dire che se nella locandina originale non c'erano i nomi delle attrici un motivo c'era ed era legato al ruolo totalmente marginale che queste avevano. Al solito per gli sceneggiatori italiani, le mogli dei protagonisti servono per spaccare piatti e per cacciare da casa i mariti quando le cose non vanno. Fine. Giusto la Lodovini per qualche minuto ha un ruolo di minima presenza, ma finisce subito.
Negativo e spento il finale, con sceneggiatura e regia che non riescono a mantenere il brio e le situazioni divertenti che si erano viste per tutto il film e con i personaggi che hanno un cambio di idee e mentalità troppo repentino per essere credibile.
Voto: 5,5
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