Quando gli attori protagonisti sono quelli
giusti, la scrittura di Woody Allen viene esaltata. Dopo un inizio
transitorio, il film impenna e diventa davvero piacevole da vedere
Se per le protagonisti femminili Woody raramente si sbaglia (davvero difficile trovare nella sua filmografia un'attrice davvero inadeguata al contesto), non sempre nei film in cui il newyorchese non appare abbiamo visto protagonisti maschili all'altezza, vedi anche l'ultimo caso con Timothée Chalamet apparso piuttosto acerbo in Un giorno di pioggia a New York.
In Irrational Man il casting è prodigioso, visto che i due protagonisti altri non sono che due destinati a vincere un Oscar come miglior attore e miglior attrice protagonista nel giro di un lustro, due protagonisti di generazione diversa che si amalgamano alla perfezione, forti anche di una sceneggiatura come sempre di alto livello.
Per certi versi è un peccato che le vicende esterne personali abbiano allontanato Allen da nomi di primissima fascia, perché sarebbe stato bello vedere un'attrice di calibro come Emma Stone impegnata in un numero maggiore di sue pellicole: davvero avrebbe avuto le potenzialità di diventare un volto continuo alleniano al livello anche di Mia Farrow e Diane Keaton, tanta è la sua bravura e la sua adattabilità a un genere di film non semplicissimo. La Stone eccelle, dando alla propria Jill sfaccettature non banali, dimostrandosi una volta più una delle attrici di punta di questa generazione.
Trovato un attore del calibro di Joaquin Phoenix (decisamente meno gigione di quanto sarà in Joker, ma non per questo meno bravo) a interpretare il professore di filosofia, confermata la solita qualità del testo di Woody Allen, il gioco è davvero fatto.
Abbiamo davanti il solito stile alleniano, con un'unica eccezione nella colonna sonora, dove sostanzialmente (a parte in un locale) si nota l'assenza del genere jazz, che invece solitamente ti aspetti nello sfondo di un film di Woody Allen.
Azzeccata la scelta delle due voci fuori campo a narrare, espediente che spesso e volentieri è usato in maniera banale e per questo risulta parecchio fastidioso, ma che quando è usato in modo intelligente (e qui serve a evitare scene "intermedie", tenendo così alto il ritmo pur senza avere una regia vibrante, che in un film così sarebbe stata controproducente) è accettabile, se non addirittura piacevole (e qui alla lunga piace sentire i pensieri dei due protagonisti via via che la vicenda ha luogo).
L'inizio del film lì per lì sembra un po' leziosetto, con i dialoghi parafilosofici che servono comunque per far conoscere i due protagonisti e per confermarci che in ogni caso i dialoghi scritti da Allen restano decisamente superiori alla media attuale.
Dalla scena al bar, in cui Phoenix e Stone sentono parlare di questo giudice che diventerà la vittima di omicidio, il film ha un'impennata decisa e costante e diventa davvero molto bello. Ogni tassello piazzato qua e là (davvero ogni, basta vedere il twist finale) da Woody cala alla perfezione, diventa intrigante seguire prima il sussulto interiore del professore Abe Lucas ad architettare e poi effettuare questo omicidio, mentre poi arriva Jill Pollard che prima è splendida nel districarsi tra i sospetti e poi diventa quasi la voce della coscienza.
Il film a questo punto scorre in maniera eccellente e nello script di Allen si riscontra anche una minima ironia macabra, oltre ai logici dubbi filosofici e di coscienza.
Tutto scorre bene fino a un finale coerente con tutto il film, senza i soliti eccessi spettacolari a cui troppo spesso gli americani ci hanno abituati.
In un decennio '10 che (almeno negli Stati Uniti) è stato lontano dalla luce della celebrità per Allen, ma di buon livello artistico (con pellicole davvero memorabili come lo straordinario Midnight in Paris o Blue Jasmine), questo Irrational Man è davvero un ottimo picco positivo che purtroppo è celebrato meno di quanto meriterebbe.
Voto: 8,5
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