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domenica 31 maggio 2020

I Topi: la superiorità di Antonio Albanese

Antonio Albanese si mette alla prova col mezzo della serie tv: e fa pienamente centro.


Nel grigissimo panorama attuale dello spettacolo italiano, in cui tutto sembra essersi omologato a un linguaggio e un livello di pura mediocrità, Antonio Albanese rappresenta una specie da proteggere, un vero e proprio panda, per la sua capacità di saper essere fresco e originale, riuscendo per certi versi anche a sperimentare pur mantenendo uno stile proprio assolutamente riconoscibile.
In questo caso Albanese si mette alla prova con i tempi e gli schemi della serie tv, dimostrando (con l'ovvio senso delle proporzioni) una capacità di adattamento maggiore di quella che a esempio aveva dimostrato Woody Allen nel pur riuscito Crisis in Six Scenes, che più che una vera serie tv con puntate distinte era un lungometraggio diviso in sei parti: qui invece abbiamo puntate delineate, pur con una storia ben precisa che si protrae per il corso delle due stagioni.
Albanese mantiene il suo stile fatto di un linguaggio anche diretto (le parolacce non mancano, eppure non ti viene mai da pensare a una volgarità gratuità: certuni sono ben più volgari usando un linguaggio meno colorito), di gag in alcuni casi facili (non mancano alcuni tormentoni) che sono ben identificabili nella sua storia (da Alex Drastico a Cetto La Qualunque, lo abbiamo visto esprimersi in modo simile), ma con la straordinaria capacità di riuscire a riproporsi con originalità, trovando quei dettagli freschi che ti danno comunque la sensazione di vedere qualcosa di nuovo.

Oltretutto, I Topi ci conferma come Albanese sia uno dei pochi (chi è rimasto? Corrado Guzzanti e chi altri? Non me ne viene in mente nessuno) capaci di fare della vera satira. Sì, perché pur non avendo obiettivi politici, questa serie è da considerare satirica, perché si vuole demolire e ridicolizzare quello che comunque è un potere forte nella Nazione. I Topi infatti è la definizione (eccellente già dal titolo) che si dà dei latitanti del crimine organizzato (in particolare dei mafiosi), gente che alla fin fine si ritrova a vivere sottoterra e in cunicoli, proprio come dei sorci.
La serie caratterizza bene il tutto, riuscendo a mantenere una certa efficacia nelle varie puntate, descrivendo bene un po' tutti i personaggi senza dimenticare che in sostanza da Albanese ci aspettiamo risate e di risate ne abbiamo parecchie, con alcuni episodi che diventano irresistibili. Anche in questo Albanese resta superiore a tutti: chi in Italia in questo momento riesce a divertirci così?

A livello puramente interpretativo, Albanese va sul sicuro, proponendo appunto quel linguaggio e quell'accento siculo che comunque (detto da una persona nata in Sicilia) non smette di stupire, visto che parliamo di un figlio di siciliani ma anche di una persona nata e vissuta principalmente al nord: eppure il suo linguaggio riesce a essere sia comprensibile (non si abusa del dialetto fino a non far capire le parole, come invece in Italia accade in troppi prodotti regionali) che assolutamente credibile e realistico, oltre che spassosamente divertente, altre capacità davvero fuori dal comune che bisogna riconoscergli.

E I Topi non è un one-man show, perché è buono il lavoro di davvero tutto il cast, con tre nomi che secondo me vanno evidenziati più di tutti.
Tony Sperandeo è semplicemente fantastico nella parte dello zio, anche lui costretto alla vita da totale recluso, da topo: suo uno dei tormentoni della serie, visto che ogni cosa accaduta o detta attorno per lui viene automaticamente qualificata "di m***a".
Nicola Rignanese è storica spalla di Albanese, ma nel personaggio di U Stortu (tra le gag ricorrenti della serie, i soprannomi deliranti assegnati ai vari membri delle famiglie) si ritrova valorizzato come raramente prima d'ora, ritagliandosi uno spazio molto importante, col suo capello ossigenato e la sua passione per la poesia (non vista di buon occhio dagli altri, tanto che quando si scopre che è omosessuale alle sue spalle dicono "ama la poesia, per forza è gay": nel mondo distorto dei topi, questo è normalissimo).
Benissimo anche Michela De Rossi, che mostra una personalità notevole nel ruolo di Carmen, la figlia che Albanese testardamente continua a chiamare Carmela.

La prima stagione è superiore alla seconda, ma in generale I Topi è una serie riuscitissima, per il tono satirico e per la capacità di esprimere una ottima comicità surreale, entrambi tipi di linguaggio che sembrano essere dispersi e dimenticati nella mediocrità attuale dello spettacolo italiano.

Voto: 8,5

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