_______________________________________________

_______________________________________________

mercoledì 3 giugno 2020

Una vita spericolata: pattume all'italiana

Uno di quei film totalmente disastrosi e insensati che ti spingono a detestare completamente il cinema italiano attuale.


Marco Ponti (regista che di solito evito allegramente visto che ha firmato parecchie schifezze con Scamarcio protagonista, ma che avevo già "apprezzato" nello squallido Passione Sinistra, film dominato da banalità e qualunquismo) in questo film vorrebbe giocare a fare il Tarantino de noantri, con pure una dose di cinico opportunismo per provare a entrare (in piena Casa di Carta mania) nella scia del genere dei "ladri buoni": un mix devastante, non solo per chi (come in sottoscritto) non è particolarmente fan di Tarantino, al quale però riconosco la capacità di saper giocare col grottesco. Il grottesco è un genere molto ostico, se lo sai fare raggiungi livelli eccellenti, ma se non lo sai fare scadi facilmente nel ridicolo ed è questo che si finisce a vedere in Una Vita Spericolata, un film dominato da personaggi sbagliati (tutti i non protagonisti sono pure macchiette senza una minima personalità accettabile) e da dialoghi pregnanti di un'idiozia che ricalca perfettamente la generazione attuale. Ponti vorrebbe essere surreale e stravagante, ma lo fa confermando le succitate doti di totale banalità e qualunquismo, aggiungendo la solita triste mancanza di coraggio tipica del cinema italiano, portando a una serie di scene scollate in cui domina unicamente il senso di ridicolo: si passa da smancerie risibili a esagerazioni pseudo-tarantiniane che fanno solo ridere per quanto sono patetiche.

Tutto ciò porta al totale disarmo gli attori protagonisti. Lorenzo Richelmy inizia col solito sguardo totalmente allucinato visto anche (tremendamente) in Dolceroma (di gran lunga il peggior film che ho visto al cinema nel 2019), poi si normalizza e mostra semplicemente di non avere alcuna dote da attore vero: in particolare spicca una certa apatia e antipatia di fondo, che rende impossibile seguire il suo personaggio con un minimo di trasporto o compassione, anzi quando lo vedi malmenato dai cattivi sei pure contento (pur sapendo che è finzione cinematografica).
Eugenio Franceschini vorrebbe fare il James Franco e sostanzialmente ci riesce, bisogna dirlo: raro vedere un attore protagonista restare così anonimo nella totale durata del film, senza una minima impennata, qualità che spesso riesce anche allo stesso Franco.
Matilda De Angelis invece per certi versi non ha nemmeno l'occasione di mostrare un minimo di personalità, visto che si trova vittima del solito maschilismo imperante nel cinema italiano attuale (d'altronde è un mondo in cui Brizzi regna sovrano e con lui la sua visione malata delle donne finisce per contagiare pure gli altri) e quindi si trova appiccicata addosso il solito personaggio femminile vuoto e ricalcato di soli stereotipi, ovvero l'attricetta che ovviamente per tirare avanti vive di favoretti a produttori e non solo ("era solo uno sceneggiatore" dice disperata raccontando di un suo pompino finito su internet). Altrettanto ovviamente non manca la breve esposizione mammellare, per schiacciare l'occhio ai voyeur in finto stile chic, nella scena del threesome che risulta essere di una totale tristezza massima.

Il suo personaggio si sente di essere un iPhone5 in un'era in cui è uscito l'iPhone8: ebbene, agli occhi dello spettatore questo cinema italiano sembra un iPhone1 quando invece gli iPhone di ultima generazione erano già usciti negli anni '60-'70, quindi si va indietro tutta invece di andare avanti. Sì, perché dietro la finta patina "gggiovane" (giochini di regia e di montaggio, roba che però persino gli youtuber riescono a compiere) c'è un marciume che rende già di partenza interiormente vecchio e superato questo cinema, incapace di offrire storie interessanti e appesantito da sceneggiature sciatte e risibili.
Una Vita Spericolata ha in sé più o meno tutte le caratteristiche che sono sbagliate nel cinema italiano attuale. E' un film frustrante, che già dopo mezz'ora ti fa capire di non avere nulla da dire e che all'arrivo dei titoli di coda ti lascia un pesante senso di frustrazione e per certi versi di schifo, cosciente di aver perso 100 minuti di vita per la visione di qualcosa di totalmente inutile (che per fortuna dimenticherai in poche ore).
Poi però ci verranno a raccontare che la causa della crisi del cinema italiano è dovuta alle nuove tecnologie, alle piattaforme di streaming o ad altre boiate a cui attaccarsi disperatamente nello scrivere ogni mese o ogni settimana i banalissimi (e perdenti in partenza) editoriali delle riviste di settore: mica la crisi arriva perché si intestardiscono a proporci pattume del genere, nooo.

Voto: 1

Nessun commento:

Posta un commento