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mercoledì 24 giugno 2020

Rag. Arturo De Fanti, bancario precario: l'ultimo Villaggio originale

L'ultimo lavoro del binomio Salce-Villaggio è una farsa surreale e paradossale un po' altalenante ma sicuramente divertente.


C'erano tempi in cui il cinema italiano, invece di ricorrere a insulsi e inutili remake di film stranieri più o meno conosciuti mostrando un'atavica carenza di idee, cercava in qualche modo anche di sperimentare idee nuove, specialmente nel campo della commedia, ponendo i personaggi in situazioni nuove. Non sempre i risultati erano riusciti, ma perlomeno si poteva apprezzare un evidente tentativo di variare, di essere originali.
Se si legge a posteriori la carriera cinematografica di Paolo Villaggio si possono notare due fasi chiare e distinte, quella calante in cui sostanzialmente il comico genovese si trovava a ripetere sé stesso all'infinito (con qualche risultato anche decente come in Fracchia la belva umana o Ho vinto la lotteria di Capodanno, in entrambi i casi più per la propria bravura e per l'affinità con le varie spalle che per la forza dei copioni, ma per la maggior parte con lavori dimenticabili), e quella iniziale in cui c'era un diverso tentativo di costruzione dei personaggi: in tal senso, il meglio della sua carriera cinematografica arriva quasi unicamente nel binomio con Luciano Salce, con cui Villaggio ha fatto se non sempre i suoi film migliori (il pensiero mi va al non riuscito Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno), quelli che sono sostanzialmente i suoi film da protagonista più originali.
Rag. Arturo De Fanti, bancario precario è il film che cronologicamente chiude questo binomio, che ha titoli da cercare e rivedere per capire come con Salce c'era un tentativo forte di proporre un Villaggio non canonico e non fossilizzato sulle solite abitudini (come invece capiterà di fatto sempre dagli anni '80 in poi): non solo Fantozzi e Il secondo tragico Fantozzi (i due capitoli più completi e inarrivabili della saga), ma anche il tentativo di critica sociale de Il... Belpaese (discontinuo ma comunque divertente) e la riproposizione cinematografica del Professor Kranz. In sostanza, la differenza tra il tentativo di sperimentare del Villaggio con Salce e il continuo ripetersi del Villaggio successivo (in particolare con Neri Parenti) è colossale.

Questo è probabilmente il film di Salce in cui Villaggio è meno protagonista in assoluto, per quanto sostanzialmente sempre presente sullo schermo. Rag. Arturo De Fanti è una farsa tutto sommato godibile, in cui viene preso in giro un ideale impossibile di coppia aperta, con la coppia sposata composta da Villaggio e Catherine Spaak che si trova a convivere con una serie infinite di amanti e contro-amanti, creando un quadretto surreale e per quasi tutto il film anche parecchio divertente. Non tutte le gag sono egualmente riuscite, ma (come anticipato) si vede un chiaro tentativo di costruzione originale e una vivacità che attira la simpatia dello spettatore: basti vedere le scene delle rapine in banca, ritratto completamente surreale ma clamorosamente spassoso.
Il soggetto crea un numero sufficiente di situazioni paradossali su cui creare scene mediamente divertenti e un cast pieno di nomi noti si trova a suo agio. Forse il finale è creato in modo eccessivamente caotico senza scatenare grosse risate, ma alla fine la chiusura risulta funzionale.

Tra tutti i volti che si vedono, oltre ovviamente a Villaggio, a mio modo di vedere spicca una sorprendente e spassossima Enrica Bonaccorti, la quale interpreta la domestica per certi versi con il capo-famiglia ha un rapporto comparabile a quello che Florence ha con George Jefferson ne I Jefferson.
Anna Maria Rizzoli tra le icone sexy della commedia di quei tempi è probabilmente quella dal portamento più di classe, ma anche qui non appare realmente portata per i tempi comici (per quanto comunque faccia la sua presenza fisica e affascini tantissimo), Giuffré si trova un personaggio più funzionale alla trama che realmente riuscito, mentre Reder e la Mazzamauro sguazzano allegramente nella situazione assurda che si crea in casa (specialmente Reder si conferma spalla ideale per Villaggio) e Ugo Bologna non si discosta di troppo dal suo tipico personaggio ma si conferma caratterista di rango, una sicurezza assoluta per questo genere di parti.

Insomma, nelle sue imperfezioni questo film è l'esempio di un cinema italiano che tanti continuano a rimpiangere, un cinema che provava a essere creativo e che non era diventato la terra della compiaciuta mediocrità di adesso.

Voto: 7+

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