Strepitosa sitcom britannica che gioca sul campo nerd un anno prima che lo facessero gli americani con The Big Bang Theory
Se gli americani hanno il difetto cronico di tirare troppo per le lunghe tante serie tv, i britannici hanno esattamente il difetto opposto, quello di produrne molte meno puntate del dovuto.
Basti pensare a due serie tv per certi versi comparabili, per il fatto che sono nate in periodi ravvicinati (quella americana un anno dopo) e per essere delle sit-com concentrate sul tema dei nerd: in USA The Big Bang Theory viene tirata davvero troppo per le lunghe scialacquando parecchio il proprio potenziale e portando a tanti momenti interlocutori non esattamente interessanti, toccando il numero spropositato di 281 puntate, mentre in UK The IT Crowd chiude dopo appena quattro stagioni (più una maxi-puntata finale) con un totale di 25 episodi quando si vedeva che questa serie poteva ancora dare tantissimo.
Trovandosi in anticipo di un anno sul tema "nerd" rispetto alla più famosa serie americana, The IT Crowd riesce a essere anche più forte, per l'elevatissima qualità media delle puntate e per esser riuscito a rendere molto divertenti i protagonisti principali con una caratterizzazione eccezionale, finendo per renderli meno macchiette rispetto a quanto accade in The Big Bang Theory.
La forza è tutta nella scrittura, molto ricercata e di altissima qualità, capace di rendere quasi tutte le puntate tutt'altro che banali e casuali, con attenta cura nei dettagli che finiscono per tornare buoni a un certo punto della puntata per creare una gag divertente.
Il plot è semplice, Roy (Chris O'Dowd) e Moss (Richard Ayoade) sono gli esperti di computer di un'azienda (da qui uno dei rari tormentoni della serie, l' "ha provato a spegnere e riaccendere?" in risposta ai problemi coi computer dei dipendenti) lavorano nel seminterrato e si ritrovano una manager (Katherine Parkinson) che non conosce assolutamente nulla di tecnologia informatica, tanto da non sapere nemmeno il significato dell'acronimo IT o da pensare che una scatoletta contenesse l'intero internet mondiale.
Questa è la base su cui gli autori si scatenano, trovando interpreti straordinariamente in parte (bravissimi tutti, ma Ayoade merita una menzione speciale) e formulando una serie di puntate incredibilmente divertenti, non per forza concentrate unicamente sul campo tecnologico: basti vedere la prima puntata della seconda stagione, che vanta una finezza di scrittura degna del miglior Seinfield, in cui i tre protagonisti si imbattono in situazioni completamente assurde andando a teatro, possibilmente la puntata migliore dell'intera serie.
Ma questo numero ridotto di puntate ha in sé tantissime situazioni deliranti: si pensi al numero per le emergenze (lo 0118 999 881 999 119 725 3), il generatore automatico di frasi sul calcio (usato da Roy e Moss per non sentirsi inadeguati nei discorsi "da uomini") o lo Street Countdown, per citare giusto alcune delle situazioni che si ritrovano nel corso delle stagioni.
Sostanzialmente forse solo in un paio di puntate non si ride continuamente dal primo all'ultimo momento. Ed è davvero un peccato pensare che non ci sia stato modo di sfruttare un po' di più questo meccanismo strepitoso, perché per come funziona questa serie 25 puntate sono troppo poche: peccato.
Voto 9,5
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