La naturalezza e l'esplosività dell'interpretazione di Eric Cantona si sposa benissimo con la penna di Pierre Lemaitre e con una sceneggiatura in grado di miscelare generi e cambiare volto quasi a ogni puntata.
Parlando di "Lavoro a mano armata" non si può che iniziare dal nome
di Eric Cantona, uno dei personaggi più particolari e unici che si siano
visti negli ultimi 30 anni, in ogni campo. Per chi è cresciuto con un
certo tipo di calcio (calcio inglese in particolare), il nome di Cantona
non può che essere quello più significativo di tutti gli anni '90, uno
dei primissimi calciatori globalizzanti a livello mediatico, per le sue
doti tecniche ma anche (se non soprattutto) per una personalità
magnetica, a volte controversa, sempre capace di creare interesse e
attenzione: e questo ben prima dell'arrivo dei social media e degli
Instagram con calciatori che si auto-definiscono degli dei.
Il post-carriera calcistica di Cantona non poteva che essere egualmente interessante visto il suo carattere e la sua
mediaticità e, pur continuando a divertirsi giocando e allenando a beach
soccer, il suo passaggio alla recitazione è sembrato parecchio
naturale, visto che a suo modo è sempre stato anche un personaggio
parecchio teatrale.
L'Eric Cantona che troviamo a recitare in
questa serie tv è esattamente quanto ci si possa aspettare: in grado di
accentrare l'attenzione su di sé, ma anche di apparire naturale e di
mostrare eccellente capacità di immedesimazione. Non si può certo dire
che la vita di Alain Delambre possa essere simile a quella dell'ex star
calcistica, ma il marsigliese di origine italo-spagnola rende benissimo
nel ruolo dell'uomo di mezza età devastato dalla disoccupazione e
dall'incapacità di trovare sbocchi. A livello caratteriale invece
Delambre diventa abbastanza affine a Cantona, che deve riportare un
personaggio tendente all'irascibilità e di estrema passionalità: e
Cantona convince molto, anche nelle parti riflessive, dimostrando (ma
ormai confermando) di essere ben più di una star sportiva prestata alla
recitazione, ma di essere un attore a tutto tondo.
C'è
tanto di Cantona in Lavoro a mano armata, ma non c'è solo Cantona,
perché dietro c'è una delle penne migliori del panorama francese, quella
di Pierre Lemaitre, scrittore capace come pochi di saper leggere il
panorama attuale della società francese.
I rischi di riportare in
una serie tv un romanzo (per giunta di buona popolarità) sono sempre
tanti, ma gli sceneggiatori riescono con successo a restare fedeli allo
scritto e allo stesso tempo ad aggiungere degli accorgimenti capaci di
risultare intriganti e avvincenti agli occhi dello spettatore. In
particolare, piace e stupisce la capacità di miscelare generi e
sostanzialmente cambiare volto quasi a ognuna delle sei puntate che
compongono la serie.
La prima puntata introduce il personaggio di
Delambre e mostra le difficoltà di un disoccupato nella società moderna,
iniziando a dare una lettura sulla crudeltà delle grandi aziende del
mondo capitalista. La seconda puntata vede Delambre pianificare la sua
azione, ma è molto un dramma familiare, con il difficile rapporto con le
figlie e con la moglie che al momento prova a essere comprensiva. Nella
terza puntata si vira all'azione per il gioco di ruolo con la presa di
ostaggi organizzando dall'azienda. Quarta e quinta puntata portano alla
claustrofobica vita carceraria. La sesta puntata diventa fiction
giudiziaria e ha la risoluzione.
Ognuna di queste anime è
molto ben costruita, portando così a una serie tv di alta qualità:
ficcante nella sua accusa, avvicincente e in grado di portare lo
spettatore a immedesimarsi con il protagonista.
Una serie tv decisamente da vedere.
Voto: 8
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