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venerdì 18 settembre 2020

Lavoro a mano armata: buona serie tristemente attuale (e non solo per la Francia)

La naturalezza e l'esplosività dell'interpretazione di Eric Cantona si sposa benissimo con la penna di Pierre Lemaitre e con una sceneggiatura in grado di miscelare generi e cambiare volto quasi a ogni puntata.
 
 
Parlando di "Lavoro a mano armata" non si può che iniziare dal nome di Eric Cantona, uno dei personaggi più particolari e unici che si siano visti negli ultimi 30 anni, in ogni campo. Per chi è cresciuto con un certo tipo di calcio (calcio inglese in particolare), il nome di Cantona non può che essere quello più significativo di tutti gli anni '90, uno dei primissimi calciatori globalizzanti a livello mediatico, per le sue doti tecniche ma anche (se non soprattutto) per una personalità magnetica, a volte controversa, sempre capace di creare interesse e attenzione: e questo ben prima dell'arrivo dei social media e degli Instagram con calciatori che si auto-definiscono degli dei.
Il post-carriera calcistica di Cantona non poteva che essere egualmente interessante visto il suo carattere e la sua mediaticità e, pur continuando a divertirsi giocando e allenando a beach soccer, il suo passaggio alla recitazione è sembrato parecchio naturale, visto che a suo modo è sempre stato anche un personaggio parecchio teatrale.
L'Eric Cantona che troviamo a recitare in questa serie tv è esattamente quanto ci si possa aspettare: in grado di accentrare l'attenzione su di sé, ma anche di apparire naturale e di mostrare eccellente capacità di immedesimazione. Non si può certo dire che la vita di Alain Delambre possa essere simile a quella dell'ex star calcistica, ma il marsigliese di origine italo-spagnola rende benissimo nel ruolo dell'uomo di mezza età devastato dalla disoccupazione e dall'incapacità di trovare sbocchi. A livello caratteriale invece Delambre diventa abbastanza affine a Cantona, che deve riportare un personaggio tendente all'irascibilità e di estrema passionalità: e Cantona convince molto, anche nelle parti riflessive, dimostrando (ma ormai confermando) di essere ben più di una star sportiva prestata alla recitazione, ma di essere un attore a tutto tondo.
 
C'è tanto di Cantona in Lavoro a mano armata, ma non c'è solo Cantona, perché dietro c'è una delle penne migliori del panorama francese, quella di Pierre Lemaitre, scrittore capace come pochi di saper leggere il panorama attuale della società francese.
I rischi di riportare in una serie tv un romanzo (per giunta di buona popolarità) sono sempre tanti, ma gli sceneggiatori riescono con successo a restare fedeli allo scritto e allo stesso tempo ad aggiungere degli accorgimenti capaci di risultare intriganti e avvincenti agli occhi dello spettatore. In particolare, piace e stupisce la capacità di miscelare generi e sostanzialmente cambiare volto quasi a ognuna delle sei puntate che compongono la serie.
La prima puntata introduce il personaggio di Delambre e mostra le difficoltà di un disoccupato nella società moderna, iniziando a dare una lettura sulla crudeltà delle grandi aziende del mondo capitalista. La seconda puntata vede Delambre pianificare la sua azione, ma è molto un dramma familiare, con il difficile rapporto con le figlie e con la moglie che al momento prova a essere comprensiva. Nella terza puntata si vira all'azione per il gioco di ruolo con la presa di ostaggi organizzando dall'azienda. Quarta e quinta puntata portano alla claustrofobica vita carceraria. La sesta puntata diventa fiction giudiziaria e ha la risoluzione.
 
Ognuna di queste anime è molto ben costruita, portando così a una serie tv di alta qualità: ficcante nella sua accusa, avvicincente e in grado di portare lo spettatore a immedesimarsi con il protagonista.
Una serie tv decisamente da vedere.
 
Voto: 8

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