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martedì 15 settembre 2020

The Ranch: e tutto va in vacca

Sit-com di una lentezza e staticità straziante, con battute pessime se non proprio urticanti: un disastro


 
Dopo che la serie tv  That '70 Show lo aveva lanciato, lo showbiz americano ha fatto di tutto per trovare un modo per dare un senso alla carriera successiva di Ashton Kutcher, che invece è diventato un vero e proprio oggetto misterioso tra le "star" d'oltreoceano: prima una sequela di film uno meno riuscito dell'altro, poi il tentativo di rilancio in tv come sostituto di Charlie Sheen in Due Uomini e Mezzo, per Kutcher sostanzialmente c'è stato un fallimento dietro l'altro, ma questo non ha mai minato la sua popolarità a livello nazionale e globale (se davvero i dati dei social contano per quantificarla).
Allora l'idea di Netflix è stata semplice: riunirlo con un'altra delle star declinanti di That '70 Show come Danny Masterson (con apparizioni da guest per altri volti di quello show, come Wilmer Valderrama, Debra Jo Rupp o Kurtwood Smith, tra i tanti ex "compari" di Kutcher apparsi nelle quattro stagioni a confermare un tentativo di creargli una assoluta comfort zone) per rilanciarlo a livello televisivo/di streaming.
Peccato che poi la stessa Netflix a metà della terza stagione decida di tagliare i ponti con Masterson per i classici scheletri nell'armadio che rispuntano, spaccando a metà progetto il tentativo.

Sia prima che dopo il licenziamento di Masterson, con The Ranch c'era un problema: la serie era sballata dall'inizio.
Ne è uscita fuori una sit-com che non ha i crismi di una sit-com: questo tipo di prodotto funziona solitamente per la velocità e il ritmo delle puntate, ma lo stile scelto per The Ranch invece è compassatissimo, per una serie che va via lentissima per tutta la sua vita e che ha una spaventosa staticità. Ne esce una serie di chiacchiere, parole, blateramenti, con attori sempre immobili, inquadrature sempre uguali, in cui le azioni sono solo raccontate, mai viste. 
Oltretutto il livello delle battute, già mediocre nella prima stagione, è diventato alla lunga disastroso, perché Masterson ripete sempre le stesse tre-quattro cose stancando, perché Kutcher ripete il personaggio del bambinone e perché (come avrebbe detto Sandra Mondaini) non succede mai niente.
Alla lunga l'idea degli autori è stata addirittura di dare un tono drammatico al personaggio di Kutcher, mandando la serie completamente al baratro: l'ex modello non ha proprio l'espressività e la credibilità per questo ruolo. E oltretutto il "dramma" è risaputo (separazioni, figli) o addirittura di nullo interesse, perché oggettivamente a chi può interessare realmente un plot incentrato sulle mandrie in una serie tv in una piattaforma di streaming?

E in tutto ciò è disastrosa la presenza di una vecchia volpe come Sam Elliott, che diventa alla lunga l'unica fonte di "battute" per gli autori. Le battute? Deliri da nazionalista e vecchio bacucco che lo rendono completamente insopportabile, un vecchio petulante che a confronto Clint Eastwood in The Mule era di ampi orizzonti! 

Il risultato è una serie piuttosto imbarazzante, resa ancora peggiore dall'addio di Masterson, che era mediocre di suo ma almeno rendeva meno monotono il tutto: alla lunga viene rimpiazzato da Dax Shepard, che fa una figura piuttosto ridicola.
Lo schema delle puntate è quasi sempre lo stesso: litigio, ripensamento, litigio, riappacificazione.

L'unica cosa salvabile? Il sottofondo con la musica country, insolito e piacevole.
 
Incredibilmente questa roba è stata portata avanti per 80 puntate, spalmate in 4 stagioni.

Insomma, aspettiamo il prossimo tentativo di rilancio di Ashton Kutcher. Il quale sarebbe anche un personaggio non malvagio, ma che deve trovare progetti più sensati e meglio costruiti per nascondere qualche limite a livello attoriale: e soprattutto, se ti consideri un liberal-socialista e te ne vanti continuamente, cosa costruisci una serie così antiquata con ridicole e continue battute filo-repubblicane, soprattutto quelle imbarazzanti di Sam Elliott?

Voto: 1

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