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giovedì 23 aprile 2020

La casa di carta. Serie nata per essere vincente

Si può dire che non tutto sia originale e geniale. Ma non si può opinare sul fatto che tutto sia realizzato benissimo. Grande serie.


Tralasciando alcuni superlativi che piacciono molto a noi occidentali (abbiamo preso dagli americani il vizio di etichettare tutto come la "migliore/peggiore cosa di sempre"), la vera definizione che si può dare alla serie La Casa Di Carta è quella di vincente.

Per certi versi, dietro questa serie c'è una certa furbizia, un voler appetire un numero piuttosto ampio di potenziali fan con ingredienti messi tutti ad hoc, a cominciare dalle parecchie "belle facce" di cui è composto il cast. E per altri versi è facile dire che tante componenti sono ben lontane dall'essere originali (ma bisogna considerare che ormai l'originalità è difficile da raggiungere, in tutti questi decenni è stato un po' provato tutto).
Però a rendere vincente La Casa Di Carta è la qualità della messa in scena, quasi tutto è messo lì nel migliore dei modi, per una serie tv che parte subito col botto e riesce a essere appassionante.

A essere vincente è anche la capacità di avere una leggera ironia di fondo (ai miei occhi è sensazionale il personaggio di Arturito, uno degli ostaggi nelle prime due stagioni) e quella di non essere monotona nel suo svolgimento, nel saper alleggerire la situazione all'interno di ogni puntata. Anche componenti spesso abusate in modo negativo, qua diventano efficaci e mi viene da pensare ai vari flashback (perlomeno quelli relativi al primo colpo, un po' meno efficaci quelli per il secondo colpo, soprattutto all'inizio della quarta stagione).

Tutto ciò si mischia alla ormai chiara capacità degli spagnoli di saper gestire meglio di chiunque altro il genere thriller: nelle prime due stagioni la tensione del colpo è sempre crescente e fa venire allo spettatore la voglia continua di sapere cosa può accadere nella puntata successiva.

Le prime due stagioni filano via alla grande e sostanzialmente le puntate sono tutte molto piacevoli, mentre (come peraltro era prevedibile, senza spiegare il perché per evitare ogni possibile spoiler) la parte relativa al secondo colpo (le stagioni tre e quattro) sono un gradino sotto, perché ripetere lo stesso impatto in una serie di questo tipo è complicato, anche se La casa di carta riesce benissimo a bissare la tensione e l'emotività nelle scene relative alla rapina, nelle parti da heist movie. Quella che funziona un po' meno nel secondo colpo è la continuità della varie puntate, per il semplice fatto che gli sceneggiatori avevano meno materiale per riempire le sedici puntate, per cui il minutaggio della terza e quarta stagione è un po' più annacquato, riempito da situazioni personali all'interno della banda che potevano essere benissimo dimezzate. Resta comunque alto il livello di intensità alla lunga: sia la terza che la quarta stagione partono con qualche affanno, ma chiudono molto bene.

Lo è anche forte dei personaggi che ormai sono familiari e che piacciono allo spettatore. Due su tutti, quello del Professore (architetto di tutti i piani) e quello della straordinaria Nairobi, per una scrittura di qualità anche nel tracciare la psicologia dei personaggi (soprattutto nelle prime due stagioni, anche su questo però c'è un leggero passo indietro nella terza e nella quarta stagione, con qualche forzatura comunque prevedibile).

Si può dire allora di tutto, che ci siano ispirazioni da tanti film di genere passati, che parecchio sia stato studiato "a tavolino", ma la serie è proprio ben fatta e alla fine piace e appassiona ed è quanto si chiede a un prodotto simile.

Voto: 9

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