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martedì 22 ottobre 2019

Se son rose: film pieno di spine

Per quanto meno disastroso rispetto alle precedenti opere di Pieraccioni, resta un film insufficiente e insoddisfacente

Pieraccioni continua nella forsennata e infinita ricerca di quell'ispirazione avuta e persa nel giro di tre film a metà degli anni '90, un'ispirazione lontana per l'incapacità dell'attore-regista di sapersi riproporre in vesti nuove.
In sostanza, persa la vitalità e l'originalità dei primi tre film, Pieraccioni s'è impantanato troppo a lungo in film dalla storiella sempre uguale, con lui protagonista a trovare un modo sempre più improbabile di incontrare la bellona di turno, con forse soltanto Io e Marilyn a regalare qualcosa di interessante per il tipo di storia surreale che si andava creando.

Il problema di Pieraccioni è che nei primi film la sua spontaneità trovava contraltare in spalle ispirate, come potevano essere Rocco Papaleo o Massimo Ceccherini, da lì in poi il toscano s'è trovato quasi sempre solo a dover reggere i propri film, o comunque senza delle spalle forti. In questo "Se Sono Rose" ci prova con un alternarsi continuo di spalle femminili, ovvero le proprie ex a cui arriva l'sms inviato dalla figlia. Il film in sostanza ha solo questo spunto come collante, per il resto è una serie di scenette scollegate fino al finale melenso tipico delle produzioni pieraccionesche.

Si vede un passo avanti a livello di produzione e di maturità, il film è molto meno scialbo delle ultime improponibili pellicole di Pieraccioni, ma c'è anche il solito ricorso a gag vetuste e semplicemente brutte (l'app "aputtane" è un momento imbarazzante, ma non si va meglio con la partita a tennis, per non parlare della tremenda caduta di tono della scena al ristorante con la ex alla ricerca della nuova sessualità) che annulla l'effetto di quelle fasi simpatiche e di un film che riesce a non annoiare.

I fasti dei primi film però rimangono lontani e si continua a vedere opere incompiute di un attore-regista ormai incapace di trovare uno stile efficace.

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