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mercoledì 30 settembre 2020
Botte da prof.: raro demenziale recente capace di essere divertente
sabato 26 settembre 2020
Baby Driver - Il genio della fuga: adrenalina a mille
Action a ritmi folli, con un buon cast e soprattutto diretto con una tecnica di prim'ordine, con inquadrature sempre azzeccate combinate a una colonna sonora eccellente.
Azzeccato anche il protagonista Ansel Elgort, col viso pulito d'ordinanza e credibile nelle sequenze d'azione, per un film con davvero pochi difetti e con un altissimo livello spettacolare. Combinando tutto a una tecnica visiva di prim'ordine, viene fuori un esempio (ormai purtroppo raro di questi tempi) di grande cinema.
Voto: 9
venerdì 18 settembre 2020
Lavoro a mano armata: buona serie tristemente attuale (e non solo per la Francia)
martedì 15 settembre 2020
The Ranch: e tutto va in vacca
giovedì 10 settembre 2020
Hearts Beat Loud: "Quando la vita ti presenta dei problemi, trasformali in arte"
Nick Offerman e Kiersey Clemson si esprimono alla grande in una commedia musicale a ritmi bassi ma capace di deliziare
Padre e figlia mettono in piedi una piccola band in concomitanza con la chiusura del negozio di dischi del primo e con la partenza per il college della seconda.
Nonostante un buon cast di contorno (Toni Collette, Sasha Lane, Ted Dawson e Blythe Danner), il film è tutto centrato nel gioco a due tra Nick Offerman e Kiersey Clemson, che dimostrano un'ottima chimica e la capacità di calarsi perfettamente nel ruolo, in un film che fa via a toni bassi, quasi sommesso, ma riesce a colpire con la sua delicatezza.
E' un film di disillusioni, con dentro l'accettazione di dover andare avanti nella vita, si saper chiudere alcune porte e strade impraticabili, con però la voglia di dare l'ultimo sussulto ai propri sogni.
Accompagnati da una buona colonna sonora (molto bella la title track cantata dalla stessa Kiersey Clemson) e da una sceneggiatura che non brilla certo per originalità ma che riesce a esprimere bene il tema trattato, i due attori protagonisti (che peraltro entrambi hanno un passato in serie tv sfacciatamente comiche) si calano con totale serietà in una commedia musicale che, nonostante la presenza di Offerman, non ha alcun picco di umorismo, mostrando così una dimensione diversa per l'ex attore di Parks and Recreation, che convince molto in questo ruolo molto serioso. Kiersey Clemson non solo risulta alla sua altezza, ma diventa forza motrice del film mostrando un'espressività e anche una dolcezza nell'interpretazione non da poco.
Hears Beat Loud finisce così per essere un "piccolo" film ma con una grande anima, sincero nel proprio racconto, capace di non scivolare in pietismo e in eccessiva nostalgia, ma raccontando una necessità di cambiamento come nuovo capitolo di vita con buon tatto e sensibilità. E sono proprio queste caratteristiche che lo rendono un film parecchio delizioso, da vedere assolutamente.
Perchè "Quando la vita ti presenta dei problemi, trasformali in arte".
Voto: 8
lunedì 7 settembre 2020
Boris: cult assoluto
Si rasenta la perfezione
Non è un'iperbole: Boris è la migliore serie tv mai partorita in Italia.
Pungente, dissacrante, con gag sempre riuscite e personaggi entrati già nella storia. Un cast funzionale con attori che, esaltati da uno script magnifico, tutti si esprimono a livelli irripetibili per loro. E un uso incredibilmente sapiente delle guest star, non una di queste piazzata senza una decisa funzionalità nelle varie puntate (su tutti, un Giorgio Tirabassi devastante in ogni apparizione).
Una serie persino avanti coi tempi, tanto da essere più attuale adesso di quando è uscita. Se era già bellissima a una prima visione, a rivederla più volte è diventata un cult. Strepitosa.
Impossibile non ricordare una marea di momenti memorabili: "Il gioielliere"; i tormentoni di Martellone; gli sceneggiatori; "Cagna maledetta"; Guzzanti che tortura lo stagista; gli sfoghi di Renè Ferretti (tra cui l'epico "viva la merda!").
Voto: 10
Un'insolita missione: film misconosciuto ma divertente
Film dimenticatissimo ma da ripescare. Si segue l'inflazionatissimo genere dell'heist movie in salsa comica, ma è la messa in scena a fare la differenza. Steve Coogan è un eccellente protagonista e spesso induce alla risata con la sua sola espressione e la sceneggiatura mischia bene la demenzialità all'americana con lo humor inglese.
"Un'insolita missione" (titolo italiano banalissimo che non aiuta certo il film a distinguersi dalla massa, molto più efficace il titolo originale "The Parole Officer" che evidenzia il mestiere del protagonista) è un film riuscito, pur infilandosi nel panorama piuttosto inflazionato degli heist movie rivisti in chiave comica per protagonisti dilettanti e per certi versi cialtroneschi.
A piacere molto è come viene affrontata la comicità, che di base punta al demenziale all'americana, ma che viene riletto con gli occhi del ben più raffinato humor all'inglese, in alcuni casi anche discretamente ricercato, un mix che riesce bene per un film che ha davvero pochissimi cedimenti.
In questo quadro sono davvero poche le gag sbagliate (grossolana quella delle montagne russe) e pochi i momenti di pausa (un po' a metà film quando viene elaborato il piano), mentre il film si mantiene di buon ritmo e riesce a far ridere parecchio anche nel caotico finale, piazzando gag assurde a livello visivo e qualche finta frase a effetto davvero riuscita (su tutte la divertente lotta usando la cartelleria da ufficio, seguita da un "non provocate mai un impiegato").
Buono il cast, con un protagonista straordinariamente azzeccato in Steve Coogan, anche autore del film insieme a Henry Normal, molto abile nel riportare con naturalezza sullo schermo il classico protagonista da film comico con le sue goffaggini e e i suoi imbarazzi (in tal senso il prologo è già divertente, con Coogan che scivola dalla sedia e finisce per vedere da sotto al tavolo le gambe della segretaria e rialzandosi prova a giustificarsi con un imbarazzato "non ho visto niente, solo la minigonna" e una delirante dissertazione su come per lui le minigonne siano più igieniche dei pantaloni, devastante!). In alcune parti basta soltanto guardarlo in faccia per ridere, ma anche i suoi gesti provocano ilarità, basti vedere la scena del museo dell'arte sessuale, con la statua della fertilità con il pene gigantesco che Coogan involontariamente stacca: la compagna lo riattaccherà con un chewing gum, ma il pene subito dopo finisce per girare verso il basso sotto gli occhi della successiva coppia di visitatori, con la comparsata di un allora sconosciuto Simon Pegg.
Diverte parecchio anche il ladro pauroso (e che soffre di vertigini) di Ben Miller, mentre come guest star da sottolineare la presenza nientemeno che di Omar Sharif.
Voto: 8
domenica 6 settembre 2020
Thanks! Disgustosa cretinata (prodotta dal solito Luca Barbareschi)
Film spazzatura. Il tentativo dichiarato di fare del "politicamente scorretto" all'italiana riesce soltanto ad avvalorare la forza educativa del linguaggio del politicamente corretto: perché i risultati sono disarmanti.
Il tentativo dichiarato di fare del "politicamente scorretto" all'italiana riesce soltanto ad avvalorare la forza educativa del linguaggio del politicamente corretto: perché i risultati sono disarmanti. A parte la fastidiosa recitazione forzatamente sovraeccitata e sopra le righe, i risultati sono disarmanti per il testo e per il linguaggio, con delle espressioni che vorrebbero essere "cattive" e che invece sono unicamente di cattivo gusto, con razzismo di ogni genere spalmato lì in ogni dove. L'unico risultato è di mantenere il film a livelli bassissimi e di rendere difficilissima la visione allo spettatore, a meno che si sia abituati alla tv alla Barbara D'Urso o alla Mario Giordano, al linguaggio dei bifolchi senza cultura alla Pio e Amedeo: per gli altri ogni battuta è una stilettata ai neuroni. Un film che è più che brutto e da evitare: è un film cretino.
venerdì 4 settembre 2020
Perdiamoci di vista: un grande film da rivalutare
Il film di Verdone più sottovalutato: riesce a essere sia pungente che sensibile, sceglie come spalla una Asia Argento clamorosa (mai più vista a questi livelli) e regala un film che scorre senza vere e proprie lacune, riuscendo a trovare gli sbocchi per far sorridere ma anche riuscendo a essere amaro e riflessivo in maniera decisamente convincente
Alcuni film del Verdone degli anni '90 ottengono un giudizio un po' più alto di quanto meriterebbero, per la pulizia della scrittura e la capacità dell'autore romano di distinguersi sempre e comunque in un panorama della commedia italiana che contemporaneamente andava in declino (e di conseguenza in crisi nerissima).
"Perdiamoci di vista" invece è un caso particolare, visto che un po' ovunque il giudizio è smorzato, appena sufficiente, rendendolo palesemente il film di Verdone più sottovalutato: perché in realtà è uno dei suoi migliori film in assoluto.
In quest'opera infatti viene raggiunta una scrittura completa senza momenti di cedimento che probabilmente Verdone non raggiungeva più dai tempi di Compagni di Scuola, per un film che scorre benissimo con dei picchi ma senza alcuna caduta. Come se non bastasse, viene centrato un mix di emozioni non indifferente, che quasi sarebbe da ricollocare all'interno della migliore tradizione della commedia all'italiana: sì, perché in "Perdiamoci di vista" ci sono momenti in cui si sorride, in un quadro generale molto amaro e riflessivo, trovando una sensibilità di scrittura non indifferente.
Come se non bastasse, Verdone non sempre (specialmente nei film successivi) è riuscito a trovare una spalla femminile all'altezza in grado di esprimere al meglio le sue idee per quel determinato film: qui si affianca ad Asia Argento, la quale con la sua interpretazione non fa che confermare quanto di buono ci sia in questo film. Sì, perché la figlia di Dario (che sul set sarebbe diventata maggiorenne) interpreta il personaggio della paraplegica con una sensibilità e una emotività splendida: vedendola qui si penserebbe agli albori di una grande attrice, purtroppo invece Asia non si avvicinerà mai più a questo livello recitativo e se la si vede così convincente e così emozionante ha tanti meriti lei in prima persona, ma evidentemente devono esserci dei meriti enormi da parte di chi ha diretto questo film.
Personalmente di questo film mi piace tutto, ogni sfaccettatura. All'inizio Verdone è eccellente nei panni del cinico e squallido conduttore della tv del dolore che senza vergogna ruba e manda in onda le immagini di una ragazza morta suicida, poi inizia via via a sensibilizzarsi nel rapporto ad alti e bassi (ma meno repentini e meno irreali del solito) con il personaggio di Asia Argento, mostrando un tatto notevole: perché il film riesce a essere a suo modo commovente, evitando in ogni modo la strada della facile lacrimuccia melodrammatica.
E sono azzeccati anche tutti i personaggi di contorno, tra cui va ovviamente sottolineato Aldo Maccione, che propone a Verdone un programma squallidissimo dal titolo "Galline da combattimento", in cui spadroneggia l'ospite Angelo Bernabucci ("Aho che m'hai preso per Zoro?"): scena incredibile perché nel suo tentativo di esagerazione surreale, Verdone ha sostanzialmente anticipato la tv trash di questi tempi andando clamorosamente vicino ai toni e al linguaggio orripilante che ammorbano troppe trasmissioni Mediaset, Rai e di ogni altro canale tv.
Infine, cosa che non sempre accade nei lavori del Verdone maturo, in questo film sono evitate tutte le possibili parentesi futili, scorrendo così senza lacune.
Per questo, andando probabilmente controtendenza, per me questo è uno dei migliori film di Verdone.
Voto: 9