Che il cinema italiano (specialmente nella commedia) non sappia
trattare l'argomento social e nuove tecnologie è un fatto risaputo: può
cambiare la tendenza un soggetto così centrato proprio su tali
argomenti?
Potrebbe. Se solo si avesse coraggio e idee, creatività
e capacità di comprendere gli argomenti. Cosa che però in "Genitori vs
Influencer" non esiste.
Cosa vuole essere questo film?
Non
sa essere una commedia di costume, perché il mondo reale è trattato in
modo palesemente superficiale e non c'è l'acume per entrare in certi
dettagli fondamentali.
Non sa essere una satira sul mondo social,
perché non c'è il coraggio di creare una vera critica né su questo né su
coloro che lo criticano senza capirlo (e d'altronde non puoi fare
satira se poi nel cast in un ruolo abbastanza importante metti Giulia De
Lellis, ovvero proprio il profilo che dovrebbe entrare nel calderone).
Non
sa essere un anti-teen movie, perché (come spesso capita nel cinema
attuale che non si abbassa a provare a comprendere le nuove generazioni)
i giovani vengono descritti come esseri vuoti unicamente attaccati al
cellulare, descrizione ancora più superficiale della superficialità
giovanile descritta: salvo poi andare su passaggi risaputi sembrando
esattamente un teen movie dei più banali.
E infine non sa essere
un film rivolto al pubblico giovanile, perché non lo fai certo
unicamente descrivendo gli adulti come dei cretinotti del tutto incapaci
di comprendere le nuove tecnologie.
Si crea un vero e
proprio pasticcio per l'incapacità di avere presente una vera strada da
seguire. E soprattutto per l'incapacità di osare realmente, di criticare
tutto e tutti e di non voler tracciare già dopo mezz'ora strade forzate
per intravedere la comoda via dell'happy ending.
E' proprio la
faciloneria con cui viene descritto il mondo social la base del disastro
di questo film, dando la sensazione che gli autori per primi non
sapevano bene ciò di cui parlavano: e poi quanto è facile al cinema
diventare "virali"?
In questo caso non è certo un problema
di attori, anche se alcuni vengono sfruttati malissimo (dal gruppo dei
vicini, con Frassica che nel vuoto generale riesce a piazzare un paio di
battute simpatiche, al preside di Massimiliano Bruno), caratterizzati
in maniera sciatta e banale. Anche perché il Fabio Volo tanto vituperato
come scrittore (anche dal sottoscritto a essere sinceri), come attore
non è poi così male e riesce a rendere umano il proprio personaggio in
un film di personaggi poco vivi. E nemmeno Ginevra Francesconi (nella
banalità del proprio personaggio) finisce per sfigurare.
Il
problema, come troppo spesso capita nella commedia italiana attuale,
sta nella scrittura che vorrebbe strizzare l'occhio a tutti, finendo per
non raccontare nulla, per rendere tutto estremamente banale. E finendo
per cui per scontentare tutti.
Velo pietoso per la ruffianeria delle comparsate delle Iene o di Barbara D'Urso, che non meritano nemmeno il commento.
Voto: 2
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