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martedì 22 marzo 2022

La casa di famiglia: leggero ma (quasi) del tutto dimenticabile

Non più che sufficiente. Ma la gag del "busto di Beethoven" vale da sola la visione.

 


"La casa di famiglia" è il riadattamento di una pièce teatrale che dà la chiara sensazione di essere sceneggiata in modo vagamente superficiale: si vedono le potenzialità discrete del soggetto, ma tanti punti nel film vengono appena abbozzati e poi dimenticati con una facilità non certo consona a un lavoro di un certo livello. Viene da pensare all'ex marito della sorella (Matilde Gioli) o all'opera del fratello pianista (Stefano Fresi), tutti abbozzi mai realmente approfonditi che penalizzano il giudizio su un film che pure non è certo brutto o frustrante da vedere. Anzi la visione scorre abbastanza piacevolmente, con anche un paio di gag piuttosto riuscite che portano facilmente al sorriso.
Su tutte è fantastica la trovata del busto di Mussolini che, con su una parrucca delirante, viene spacciato al padre come raffigurazione di Ludwig van Beethoven, un acuto geniale che arriva del tutto inatteso.

Risulta quindi questa scena l'unica cosa realmente memorabile in un film che scorre facilmente, ma che altrettanto facilmente non lascia tracce reali. Professionale ma non ispiratissima anche la prova degli attori, con Stefano Fresi che si innalza facilmente (per differenza di talento) tra i quattro fratelli protagonisti, pur risultando piuttosto contenuto nella propria recitazione, mentre appare desueto (non una novità nel panorama del cinema italiano dove davvero c'è terrore nel provare a rendere forti i personaggi femminili) il personaggio appiccicato a Matilde Gioli, che deve restare attaccata all'ex marito (e quindi portata facilmente al pianto) per poi sfoggiare tutto lo charme nel sedurre il nuovo acquirente della casa. Insomma, ispirazione generale rara in tutto il film, anche se comunque il quadro è piacevole e non cade nelle presunzioni e nei moralismi tipici della commedia italiana attuale.

Voto: 6

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