Tra un pomodoro spremuto e un marchio
pubblicitario sbattuto grossolanamente, un film cult per la propria
comicità demenziale e per uno spirito totalmente dissacrante
Piuttosto che cercare il riciclo del riciclo come fa il cinema
italiano con i finti viaggi marziani e con le catastrofiche revisioni
del lockdown, ha molto più senso ripescare un certo cinema di bassa
qualità ma con uno spirito che s'è totalmente perso come quello de "Il
ritorno dei pomodori assassini", capace di essere a suo modo lo specchio
di tempi irripetibili.
Girato una decina di anni dopo il capostipite
(purtroppo abbastanza introvabile da noi), questo film rappresenta una
voglia di puro cazzeggio, una follia assoluta fatta di gag a ripetizione
e una voglia di prendere in giro ogni cosa possibile. Certo, non tutte
le gag vanno a segno, e quando non ci riescono si possono avere dei
momenti di puro imbarazzo per chi non riesce a entrare nello spirito
della pellicola, ma ce ne sono tante che per puro senso di delirio e
potere dissacrante risultano assolutamente divertenti. Il tutto
accompagnato da una storia buttata lì come puro abbozzo e con un voluto
"over-acting" continuo per essere ancora più ridicole le situazioni: per
un quadro che però funziona abbastanza bene, regalando un vero cult per
il cinema demenziale.
In realtà la vicenda dei pomodori
assassini (che pare fosse ben più centrale nel primo film) in questo
caso rappresenta più un pretesto, anche se non mancano le gag
finto-splatter sconsigliate agli "amanti" degli ortaggi (devastante
quando il cattivo spreme un pomodoro con una violenza inaudita, oppure
notevoli sono battute assolutamente insensate del genere "Tara, non sei
diventata ketchup!"), ma è proprio lo spirito di delirio che rende
devastanti alcuni momenti del film.
Che dire del cambio di stile
improvviso che avviene a metà film con la scena più o meno
metacinematografica in cui viene deciso di concludere le riprese del
film con l'aiuto della pubblicità (molto poco) occulta visto che il
budget era già stato sperperato? Da quel momento il product placement
diventa selvaggio, con in particolare George Clooney che si sforza in
maniera molto ironica a piazzare nel migliore dei modi i marchi dei
prodotti, e con il marchio "Pepsi" che spunta in ogni angolo:
completamente ridicolo, ma ogni volta che un marchio viene sbattuto
all'occhio dello spettatore in modo così grossolano viene davvero molto
da ridere.
In tutto ciò si vedono anche due volti noti al grande pubblico, come il già citato George Clooney, qui pressoché agli esordi e capace di mostrare una notevole faccia da schiaffi, mentre il super-cattivo ha il volto di John Astin, l'ex Gomez dell'originale Famiglia Addams.
Certo, non c'è da aspettarsi la qualità e la ricerca del dettaglio degli ZAZ, questo è un demenziale pittosto grossolano, ma è anche un demenziale puro e divertente, parecchio lontano da quella serie di volgarità fini a sé stesse che adesso il cinema americano spaccia (disastrosamente) per comicità demenziale: qui la ricerca della gag (anche quando non riesce) si vede.
Voto: 7
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