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domenica 26 aprile 2020

Ho perso la testa per un cervello: cult assoluto

Costruito su una marea di gag demenziali e con uno Steve Martin irresistibile capace di reggere da solo il film sulle proprie spalle. Da ripescare.


Se si parla di commedia americana del periodo anni '80-inizio anni '90 e si cita il cognome Reiner, probabilmente ai più verrà in mente Rob Reiner, regista che deve la propria fortuna non solo all'esser stato scelto per traporre in video uno dei migliori libri di Stephen King (Misery), ma anche per il sopravvalutatissimo Harry ti presento Sally, film con un paio di gag azzeccate e con una (ancora) simpaticissima Meg Ryan ma che altro non era che un tentativo poco brillante di appropriarsi dello stile di Woody Allen, a mio modo di vedere riuscendoci poco.
Per me (da buon bastian contrario in tutto) il regista degno di nota è il padre Carl Reiner, da alcuni addirittura considerato "mediocre" ma capace in una filmografia nemmeno tanto abbondante di dirigere due film di assoluto culto per il sottoscritto, la scatenata parodia dei thriller erotici tanto in voga a inizio anni '90 Fatal Instinct e questo Ho perso la testa per un cervello (che rende molto meglio nel titolo originale "The Man With Two Brains").

Carl Reiner in quel periodo era il regista fidato di Steve Martin, con cui fece quattro film tutti molto diversi: una commedia per certi versi più tradizionale (Lo Straccione), una parodia noir molto particolare e ricercata tanto da essere anche in bianco e nero (Il mistero del cadavere scomparso), questa folle e demenzialissima parodia fantascienza-horror e infine una commedia-fantasy (Ho sposato un fantasma, per me il meno riuscito dei film del lotto, con meno idee riuscite).

Il migliore dei quattro, quello che rende nel migliore dei modi il talento comico di Steve Martin è proprio Ho perso la testa per un cervello, film che sarebbe da recuperare in ogni modo e che purtroppo è stato invece dimenticato quasi completamente in Italia, tanto che non mi pare sia stato mai passato in tv nell'ultimo decennio né nelle tv generaliste né nelle pay-tv, nemmeno quelle che hanno le dozzine di canali dedicati solo al cinema, e che quindi passano e strapassano ogni cosa, si ricordano di una perla simile: a volte il mondo è misterioso.

Si parte subito a ritmi insostenibili, con i primi 10 minuti che piazzano una quantità incredibile di gag visibile e labiali e mettono in chiaro subito la volontà di dirigersi verso una comicità demenziale ma non stupida (dico sempre che bisogna essere intelligenti per fare vera comicità demenziale, cosa che negli USA negli ultimi 10 anni abbondanti proprio non riescono a capire). Storica la scena in cui Steve Martin (il dottor Hfuhruhurr e guai a pronunciarlo male!) se la prende con una ragazzina.
Poi si entra nel vivo della trama, un po' franksteiniana e un po' futurista, il film cala un po' di ritmo e prende più la strada della commedia di parodia, non dimenticando per le gag demenziali che mostrano un certo gusto anche per l'assurdo e l'irreale (Steve Martin che col parapetto crollato riesce ad aderire al muro semplicemente leccando le dita delle mani!).
Per poi rimettere con forza il piede sul pedale dell'acceleratore per un finale scatenato e devastante, che piazza anche un'altra scena assolutamente storica e indimenticabile quando Martin viene fermato dalla polizia e costretto a degli improbabili alcol test.

Il risultato è a mio modo di vedere quasi perfetto, un film capace di far ridere di pancia e con una certa continuità dall'inizio alla fine, per la capacità di creare quelle situazioni demenziali anche quasi in anticipo rispetto agli ZAZ (i muri della casa del dottor Necessiter, la polizia che chiede un ariete a una vicina di casa, ma sono davvero una marea le gag che sarebbero da citare) e per la capacità di sfruttare l'espressività e la verve di Steve Martin, tarantolato dall'inizio alla fine e semplicemente fantastico. Vedendolo a questi livelli, spiace pensare a quante volte il suo talento è stato annacquato e sprecato, con tanti film per famiglie o tanti film incapaci di liberare tutta la sua qualità comica (per quanto nella sua carriera siano parecchi i film godibili, forse solo un'altra volta ha potuto scatenarsi del tutto come in questa pellicola, ovvero in Bowfinger). Qui ci dimostra che con alle spalle sceneggiature migliori avrebbe potuto toccare livelli alla Leslie Nielsen, pur con uno stile diverso.

Resta un fatto: film come questo sono assolutamente da ripescare, è uno spreco che con tanta melma che passa continuamente sugli schermi un lavoro del genere venga dimenticato ad ammuffire.

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