La naturale apatia di Aubrey Plaza rende
perfetto il personaggio di Ingrid, stalker figlia dei nuovi media, in un
film che riesce in ciò che tantissimi falliscono: nel trattare con
maturità e serietà le potenziali conseguenze dei mezzi social.
Raramente il tema delle pulsioni che possono essere figlie dirette o
indirette dei nuovi media e network vengono riportate su schermo con la
necessaria maturità: anzi, anche nel cinema o nelle serie più impegnate
spesso e volentieri l'argomento è trattato con sufficienza, con
macchiettismo, senza reale interesse e comprensione da parte di registi e
autori (in Italia in particolare si sono visti in argomento totali
disastri figli proprio dell'incapacità degli autori nostrani di sapersi
correlare con la realtà, vivendo essi in una bolla a parte).
Una
bella eccezione è invece questo "Ingrid va a ovest", che ci propone un
quadro sicuramente romanzato ma decisamente più fedele e serio del
solito non solo delle ossessioni che possono partire da un mezzo social
(in questo caso la protagonista crea tutto questo per avvicinarsi a una
ragazza "famosa" su Instagram), ma anche in seconda battuta delle
finzioni che ci sono dietro quelle vite perfette all'apparenza con tutti
quei sorrisi e quel "cibo perfetto" che sono l'immagine riflessa di una
piccola parte di quotidianità distorta dai social network tanto in voga
di questi tempi.
La Ingrid del titolo altri non è che una
di quelle follower che tanto rendono importanti le "internet stars" di
questi tempi, ma che allo stesso tempo per queste "internet stars" vale
nulla. L'idealizzazione della vita di questa star inganna la psiche
fragile di Ingrid, che così sogna di avvicinarsi a questa, di vivere
come lei, utilizzando le tecniche classiche dello stalking, salvo poi
agire con frustrazione malata al momento in cui verrà respinta.
Con
uno stile un po' asciutto, quasi sommesso, piace il modo con cui viene
portata la vicenda allo schermo, senza troppe estremizzazioni ma con un
ritratto parecchio fedele di una realtà plausibilissima, con il rapporto
contorto tra le due protagoniste e l'interferenza di svariati
personaggi secondari.
Se è buono il lavoro a livello
tecnico (regia/fotografia, ecc), sarebbe stato tutto vano se nei panni
della protagonista Ingrid non ci fosse stata un'attrice all'altezza: e
Aubrey Plaza nel riportare sullo schermo personaggi di questo tipo
appare decisamente a suo agio, con quell'aria naturale quasi apatica e
la funzionale inespressività che ricalcano perfettamente il carattere
psicopatico del personaggio. In un film ben progettato, è proprio la
Plaza l'aspetto migliore, spiccando straordinariamente senza per forza
voler dare dei contorni "positivi" o simpatici al proprio personaggio.
Probabilmente
non un film per tutti, visto anche che nei vari siti non mancano le
stroncature (in particolare su IMDB), ma un film che difficilmente può
lasciare indifferenti, in un senso o nell'altro.
Voto: 8-
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