Una sceneggiatura che riesce a essere allo
stesso tempo sciatta e caotica appesantisce un film davvero mal
strutturato. Si salva solo Jim Belushi.
Easy Six è il classico esempio di film fatto di poche idee ma molto confuse.
Julian Sands impersona un professore di college di mezza età
incaricato da un amico di andare alla ricerca della figlia, nonché
alunna dello stesso professore. La ritrova a Las Vegas a lavorare da
prostituta e pensa bene di andarci a letto. Non solo, inizierà una
relazione con questa ragazza che lo porterà al disastro personale e
professionale.
A prevalere su tutto è una certa sciatteria, sia nella messa in scena
(pigrissima tanto da portare alla noia) che nella sceneggiatura:
sciatteria di scrittura che si combina a un totale caos strutturale, per
un mix disastroso.
Si fa fatica a capire la strada che vorrebbe prendere il film, che
inizia con i pensieri moralisti da quattro soldi del protagonista, vira
malamente sul dramma personale non riuscendo a marcare con alcuna
incisività la psicologia dei personaggi (anche a causa di dialoghi
perlopiù insulsi) e nel finale sfocia in una conclusione thrilling messa
lì senza nessuna convinzione.
La regia fiacca di Chris Iovenko (che non a caso non dirigerà nessun
altro lungometraggio nella vita) non aiuta di certo, per un film che va
avanti con una opprimente caoticità, tanto che la durata breve degli 86
minuti (e i titoli di coda partono parecchio prima, effettivamente non
si supera gli 80 minuti) risulta essere ben più pesante agli occhi dello
spettatore.
C'è davvero poco da salvare. Katharine Towne (la fanciulla di cui il
personaggio di Julian Sands si invaghisce) è un bel vedere, ma da lì a
breve abbandonerà la carriera da attrice ed evidentemente non è poi così
capacissima a livello recitativo. Le uniche sequenze simpatiche
riguardano così Jim Belushi, con la sua assurda e surreale
ossessione-odio per Elvis Presley.
Insomma, un film di Serie B ma che meriterebbe una categoria ancora inferiore.
Voto: 3
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