Talmente brutto, sciatto e scriteriato da essere diventato un vero e proprio trash-cult movie.
Uno dei più grandi e profondi misteri oscuri della storia italiana è
sicuramente la misteriosa carriera ultra-decennale di Ezio Greggio.
Partito a fare dei tormentoni cretini al Drive In, finito a toppare
puntualmente a ogni sua prova da attore, per motivi che prima o poi
sarei curioso di sapere (anche se pare chiaro che c'entri parecchio il
conoscere le persone "giuste" e saper entrare nelle grazie di codeste
persone) Greggio è diventato uno dei volti di punta nel totale pattume
televisivo e nel degrado culturale che è il gruppo Mediaset.
In
questi vari passaggi, tacendo di alcune storielle personali piuttosto
imbarazzanti, un capitolo incredibile è il tentativo di Greggio di
sfondare a Hollywood, sfruttando (toh) una serie di amicizie altolocate.
Tentativo, manco a dirlo, fallito grossolanamente.
Il suo
primo film da regista è diventato nel tempo uno "scult" colossale,
essendo uno dei più brutti e scriteriati film mai visti: ormai per tanti
"Il silenzio dei prosciutti" è entrato nell'immaginario come uno dei
film più sconci di sempre, talmente sconcio da avere assolutamente nella
collezione e da vedere se possibile in lingua originale, per
comprendere al meglio la pochezza delle trovate. Già, perché un po' come
Calà in Chicken Park, il film è stato girato in inglese e non in italiano, tanto era alta l'ambizione del progetto: pensa un po'.
Qualcuno
(bisognerebbe capire bene chi) mise in testa a Ezio Greggio di avere
una somiglianza con Anthony Perkins e così il "nostro" si fissò in testa
l'idea di proporre una parodia di Psycho, anche se poi i produttori lo costrinsero a modificare il progetto e concentrarsi anche sul più recente Il silenzio degli innocenti: nasce così il pastrocchio totale, con "The Silence of the Lambs" che diventa "The silence of the Hams" (che risate).
Non
bastasse una scrittura incasinata e imbarazzante, che punta su gag
visive da due soldi spesso e volentieri basate tristemente su una
sballata ironia di genere (il protagonista che dorme con la vestaglietta
da donna per dirne una, risate grasse!), Greggio sbaglia totalmente
anche la scelta dell'attore protagonista, con il ruolo di Jo Dee Fostar
(altre risate infinite) che finisce sulle spalle di Billy Zane, che tra
l'altro non troppi anni prima era stato tra i bulletti di Ritorno Al Futuro - Parte II, ma che in questo film se la gioca con lo stesso Greggio per ottenere lo scettro di peggior cane della pellicola.
A
rendere ancora più misteriosa la portata del progetto subentra un
elenco infinito di volti noti o comunque importanti che compaiono con
ruoli più o meno ampi: basti pensare che qui appaiono registi come Joe
Dante, John Carpenter e John Landis, senza dimenticare ovviamente lo
stesso Mel Brooks, che più avanti sarebbe diventato anche
co-protagonista di un altro pessimo progetto hollywoodiano di Greggio, un ruolo che evidentemente convinse Brooks che non era più il caso di far cinema in nessuna veste.
E
così tra i vari "F-B-Ahiiiii" vediamo in ordine sparso Shelley Winters,
Bubba Smith, John Austin (con tanto di "Mano" che diventa un Piede,
rinominato in lingua originale "Smelly Thing" visto che nell'originale
della Famiglia Addams
la Mano è chiamata semplicemente "The Thing") o Martin Balsam (che fa
la parodia di sé stesso in Psycho, tanto da regalarci un "Ancora?!?!"
quando "muore" allo stesso modo del capolavoro di Hitchcock), passando
per un grande comico come Dom DeLuise, con il suo Dr Animal Cannibal
Pizza davvero mortificato da uno script mai all'altezza del suo talento.
Magari
alcune trovate potrebbero essere così demenziali e stupide che in mano
ad altri registi sarebbero anche risultate simpatiche (alcune, poche, di
certo non tutte perché la maggior parte sono proprio insalvabili), ma
il quadro è talmente sciatto che queste portano solo a momenti trash e/o
imbarazzanti, che sfociano in un finale completamente scriteriato che
quasi vorrebbe rifare Invito a cena con delitto,
solo in maniera totalmente sballata e senza un minimo di raziocinio,
senza un minimo di senso. Le idee sono talmente poche che i titoli di
coda partono dopo 75 minuti: e per arrivare a questa durata s'è dovuto
far ricorso di scempiaggini indicibili.
Insomma, al Greggio non c'è mai fine.
Un
lavoro talmente sconclusionato che è impossibile anche dare un voto:
semplicemente risulta incredibile che una roba del genere sia potuta
uscire, che sia stata prodotta e addirittura con ambizioni
"internazionali". Resta però uno dei titoli imprescindibili in una
cineteca del trash che si rispetti.
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