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sabato 3 agosto 2019

Domani è un altro giorno. Il cinema italiano che (ogni tanto) sa farsi amare

Siamo ai livelli più alti del cinema italiano degli ultimi 20 anni. Una sceneggiatura eccellente esalta le doti dei protagonisti, soprattutto un Marco Giallini irresistibile, capace di farti ridere da matti e poi farti commuovere in maniera devastante. Cinema di alta qualità.




Di solito arrivo a guardare un film italiano con una premeditazione negativa visto il livello del cinema nostrano da una ventina d'anni a questa parte: e purtroppo nove volte su dieci questa premeditazione è anche meritata.
In questo caso invece basta guardare un po' di nomi per affrontare con fiducia la visione della pellicola: la scrittura di due dei tre autori della straordinaria serie tv Boris (Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo) fa sperare a una sceneggiatura di qualità. Oltretutto, i due protagonisti rispondono ai nomi di Marco Giallini e Valerio Mastandrea, ovvero (in un panorama di attori comunque non così pessimo, sono rari i casi di attori insopportabili alla Scamarcio, non sono loro il vero problema del cinema italiano) due dei migliori attori delle nostra latitudini. Le basi ci sono tutte e allora persino una persona come me opta per la visione al cinema. Mi aspettavo parecchio e il risultato è anche superiore alle attese. Abbiamo tra le mani uno dei migliori film italiani degli ultimi 20 anni.

Non ho visto il film originale argentino, ma anche così sembra chiaro di vedere uno dei rarissimi remake (specialmente remake italiani) che hanno un senso, che sono costruiti con intelligenza, soprattutto perché è un film chiaramente riformulato per le qualità degli attori e per il contesto romano. Insomma, Ciarrapico e Vendruscolo hanno la bravura di regalarci un remake per nulla forzato, un riadattamento apparentemente naturale.

E in tutto ciò si inserisce con bravura magistrale un Giallini immenso: già in film non esattamente all'altezza (per non dire brutti) si era capito quanto bravo fosse questo attore. Una volta trovatosi con una sceneggiatura di livelli, Giallini regala una performance di una forza incredibile. Un po' come la mano di Mario Brega poteva essere ferro e poteva essere piuma, Giallini prima ti fa ridere da matti per oltre un'ora, poi riesce a commuoverti in maniera travolgente: proprio come solo i più grandi attori sanno fare.

Ad affiancarlo in un ruolo così difficile è il suo amico di lunga data Valerio Mastandrea e il fatto che i due abbiano nella vita questo tipo di rapporto da trasportare anche nel film probabilmente dà un tocco in più alla loro recitazione, tanto che l'affiatamento tocca livelli altissimi: fotografia di ciò è una scena nella fase finale in cui i due parlano e si capiscono in un dialogo fatto di "eh" e "oh" e sembra che tutto ciò sia estremamente naturale. Anche Mastrandrea è bravo nel tirare fuori due "volti" di sé, prima facendo un po' da spalla al travolgente Giallini, poi uscendo fuori in modo eccellente nella fase drammatica, risultando anche lui indispensabile per la riuscita del film.

Difetti ce ne sono pochi. Tutto sembra essere al posto giusto. Come detto, circa due terzi di film viaggiano sul filo della commedia divertente, perché Giuliano affronta la malattia in maniera molto personale e riesce a inventare gag devastanti e pure parecchio intelligenti. Le fasi memorabili non sono poche, la migliore delle quale è il tocco di umorismo nero nella scena della scelta della bara, fasi che fanno ripensare ai migliori momenti della commedia italiana, quella dei (senza voler fare un paragone improbabile e impossibile, perché i tempi sono troppo diversi) Tognazzi e dei Sordi, a farci pensare che oltre le ruffianate di Brizzi e oltre ai film con morale facile e scontata nel cinema italiano c'è qualcuno che può regalare di più. Si ride, ma senza essere esageratamente sguaiati, le gag sono ben formulate e Giallini con la sua parlata e la sua recitazione risulta irresistibile.

Visto lo svolgimento del film, è anche naturale che ci sia una svolta drammatica, d'altronde non si può affrontare un tema del genere prendendosi solo in giro e ciò avviene in concomitanza della visita al figlio di Giuliano, dove davvero iniziare a spuntare le prime lacrimucce. Anche qui tutto è gestito in modo intelligente, il film commuove senza entrare nel basso melodramma e nel patetico, commuove perché ha dentro di sé una forza notevole, commuove perché gli attori hanno preso a cuore la situazione e i personaggi. E se da una parte capisci la scelta di Giuliano, dall'altra ti impersonifichi nelle difficoltà degli amici nell'affrontare la situazione. In sala si sentiva piangere indistintamente, persino il sottoscritto (notoriamente col cuore di pietra) non ne è rimasto indifferente e questo è il miglior complimento che si possa fare a questo lavoro.

Non eccelle la regia, che si limita a fare il suo onesto lavoro, mentre la canzone di Noemi nulla aggiunge.

In definitiva, in una Nazione in cui si pompano maledettamente troppi film mediocri, mette un po' tristezza il fatto che questo film (almeno questo mi sembra) sia un po' uscito in sordina perché ci troviamo di fronte a una gemma quasi impareggiabile per il nostro cinema. Quando grandi attori come questi due hanno una sceneggiatura alla loro altezza, possono esaltare tutte le loro doti e regalarci emozioni (e risate). Il rammarico è solo uno: perché non riusciamo a esaltare i Giallini e Mastandrea di turno un po' più spesso? Questi attori lo meritano. Come meritano i miei più sentiti applausi. Questo è cinema di qualità. Alta qualità.

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