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sabato 3 agosto 2019

Un testimone in affitto. C'è di peggio, ma perché gli americani non sanno (più) fare di meglio?

Funzionano quasi tutte le parti fracassone, molto meno quelle da "buddy movie" o da film romantico.




Fino a metà 2000 (inteso come decennio 2001-2010), gli americani continuavano a produrre in serie commediole demenziali senza particolari pretese ma nella maggior parte dei casi capaci di essere riconoscibili e distinguibili. Da oltre un decennio invece questi film hanno smesso di divertire perché sono fatti con lo stampino: cambia l'idea di partenza, ma i film hanno uno svolgimento sempre uguale.
Questo The Wedding Ringer non si discosta. Si punta tutto sulla verve dell'attore protagonista e il resto è fotocopia di tanti altri film. Per questo non funziona, non può ottenere la sufficienza.

Va oltre la stellina però perché le classiche fasi fracassone funzionano quasi tutte, riescono a strapparti il sorriso, in particolare quelle due-tre scene che alzano il livello di volgarità: non piaceranno a tutti, faranno storcere il naso a chi ha il palato fine, ma fasi come quella dell'addio al celibato sono le uniche alzano il ritmo e portano un po' di follia a un film altrimenti stanco.

Nulla di che, trite e ritrite, le fase da "buddy movie" o da pseudo-commedia romantica, tutte sostanzialmente da buttare.

Ancora una volta, il presunto talento comico di Kevin Hart non si vede a livello di cinema: anzi verrebbe da dire che la cosa migliore di Hart sia la voce... di Nanni Baldini, nel doppiaggio italiano.

Alla splendida Kaley Cuoco (che altrove ha dimostrato di saper recitare anche bene, specie in un paio di serie tv da protagonista e in altre da comparsa) spetta il solito ruolo femminile completamente ai margini, quasi come se gli sceneggiatori avessero paura di dare un carattere ai personaggi femminili.

Meno frustrante di certi altri film dello stesso genere, ma non certo un film indimenticabile.

Occhio alle ultime frasi prima dei titoli di coda, con un richiamo cult alla serie tv Lost.

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